L'EQUILIBRIO
IDROGEOLOGICO
E' noto il pericolo insito nel dissesto idrogeologico del
territorio: dilavamento ed erosione del suolo, frane, alluvioni.
E' altrettanto noto che tale dissesto deriva soprattutto
da due modalità dell'intervento umano sulla condizione naturale:
la cementificazione dei corsi d'acqua e il disboscamento.
Nel primo caso l'intervento umano deforma il letto naturale
di torrenti e fiumi, spesso restringendoli e intubandoli,
e creando quindi degli ostacoli al libero deflusso dell'acqua,
che in tali circostanze moltiplica la sua forza cinetica in
termini di velocità e di potenza d'urto, fino a travalicare
o a travolgere le costrizioni imposte.
Nel secondo caso, più affine al contesto di questa trattazione,
l'intervento umano agisce sul territorio eliminandone la copertura
vegetale laddove, soprattutto sui pendii montuosi o collinari,
essa esplica un ruolo determinante nel preservare l'equilibrio
idrogeologico.
Vi è una relazione tra struttura geologica del suolo e contenuto
d'acqua. Dato come relativamente stabile nella sua varietà
il fattore geologico, l'apporto idrico invece è variabile
e dipendente dalle condizioni meteorologiche. Essendo l'acqua
uno dei più efficaci solventi naturali, essa agisce sul suolo
esposto modificandone la consistenza, ovvero la stabilità.
In effetti, sul suolo disboscato, i margini di sicurezza (o
di equilibrio) sono di gran lunga assottigliati, e in costante
peggioramento a causa del progressivo dilavamento.
Il dilavamento, determinato dalla diminuita capacità di ritenzione
idrica, non solo impoverisce il suolo
di sostanze organiche e minerali utili alla vegetazione (rendendone
sempre più critica la presenza), ma avvia un processo di erosione
che crea le premesse di un successivo crollo strutturale (franamento).
Le piante si oppongono al dilavamento essenzialmente rallentando
dal punto di vista quantitativo (e in quanto ad energia cinetica)
l'apporto idrico, in vari modi:
- creando una sorta di ombrello protettivo del terreno
per merito del loro apparato fogliare;
- attraverso la fissazione meccanica del terreno per
mezzo del loro apparato radicale;
- con l'assorbimento diretto dell'acqua in eccesso,
soprattutto in quanto indispensabile al processo di fotosintesi
clorofilliana.
Inoltre, soprattutto nelle zone coperte dal manto vegetale
all'interno di estese aree urbane, rallentando il deflusso
dell'acqua piovana le piante fanno sì che essa non venga dispersa
nei sistemi di smaltimento fognari, bensì vada a costituire
la falda acquifera sotterranea, ovvero le riserve idriche
delle aree urbane stesse.
In effetti le piante costituiscono un complesso sistema adatto
a mitigare gli eccessi atmosferici, ampliando di fatto i termini
dell'equilibrio idrogeologico (ovvero i limiti di sicurezza
ambientale).
g.z.
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